Dobbiamo un gallo ad Asclepio.

venerdì 20 luglio 2012

CREDO QUIA ABSURDUM

I poli del cristianesimo sarebbero due se si eccettui quello riguardante la filosofia della storia etico- sociale del mondo cui appartengo. Di essi l'Annunciazione è quello che non si percepisce chiaramente presso i Riformati per un serpeggiante sentimento iconoclasta che, invece, è esplicito dai musulmani per radice biblica : infatti ogni concezione di ortodossia è arbitraria. Da noi straromani, la Bibbia è elastica dato il nostro possibilismo etico, come lamentarsene quando la fede è un tripudio,un trionfo ottico delle più varie interpretazioni, e meno male ; le nostre chiese sono luoghi gloriosi cui tutti apparteniamo e che ci appartengono ; l'ipotesi di non credere suonerebbe stonata, prima che blasfematoria per la Congregazione della Dottrina della Fede, per la storia e la critica d'arte. Perfino i maggiori musei dei Protestanti devono il loro lustro alla pittura e all'arte cattoliche. Senza l'editto di Teodora dell'843 non esisteremmo. Che di esso si sia avvalsa la simonia è secondario. L'elenco dei maestri dedicatisi all'Annunciazione è lungo quanto il catalogo di don Giovanni e poco interessante se non s’immagini di ricavarne un costrutto trascegliendone opere ai fini di un significato coerente. Il mio cerca un ordinamento teologico nell'umano per contestualizzazione storica ed è arbitrario indubbiamente eccetto che si dimostri l'insensatezza della disciplina storicistica. Per prima ho scelto l'Annunciazione degli Scrovegni. Committenti usurai anelanti al riscatto ; sul luogo una università di recente apertura ed immagino che Giotto abbia seguito le indicazioni della facoltà di teologia. La ragione della scelta è anche che quelli furono anni determinanti della nuovissima teorizzazione teocratica ; il movimento mendicante e spiritualista dei francescani era stato debellato e Bonifacio VIII , probabile istigatore delle dimissioni di Celestino V° , accusato di simonia da Filippo il Bello, schiaffeggiato ad Anagni e collocato da vivo all'inferno dal nostro maggior poeta, aveva indetto il primo Giubileo dell'anno 1300 (basato sulla 'perdonanza' di Celestino), che diede l'avvio alla simonia ufficiale, ed aveva sancito in varie bolle il trionfo temporale della Chiesa e la sua indipendenza da qualsivoglia autorità. Dante assistette al passaggio dei pellegrini da Firenze per recarsi a Roma e non mancò di raccontarlo. Ecco perché la Cappella è un perno culturale ineludibile. Vi è un'Annunciazione singolare con i due personaggi alla massima distanza l'uno dall'altro per causa dell'arco trionfale al di sopra del quale è collocato Dio con la sua decisione, mentre per l'evento non restano che i due ristrettissimi spazi tra gli estradossi e i muri della navata. Giotto, nel tentativo di allargare la scena immagina due stanze, il cui lato volto ai fedeli può essere chiuso solo da una tenda, una per ogni lato dell'estradosso: a sinistra il messaggero, convenzionale e a destra l'Annunziata al tempo stesso convenzionale e non: è una signora di una certa età, agiata e sicura, una matrona inginocchiata accanto ad un curioso mobile che sembra una scrivania con leggio. Sulle due stanze aggettano due altane che allargano un pò gli spazi. Ciò che non sembra evangelico ma temporalistico è la condizione agiata e intellettuale e l'età relativamente avanzata: stabilisce un precedente definitivo. Non è possibile non rimarcare che il tetto a capanna e la navata unica, elementi distintivi del pauperismo francescano, siano esplicitamente negati dalla volta a botte e dall'abbacinante splendore del lapislazzuli. Gli Scrovegni sono il punto di arrivo di un travaglio teologico che risistematizza il vangelo in un'ottica assertivamente terrena. Per Simone Martini, che non aveva chiese a disposizione, architettura e pittura s’integrano idealmente grazie ad un intelligente stratagemma: l'ideazione di una cornice gotica policuspidata che deve rendere l'immagine della chiesa; nelle cui arcature egli colloca i due contraenti del negozio su sfondo astratto d'oro, dove la vergine è una giovane intellettuale seduta e impaurita che l'angelo bello cerca di rassicurare porgendole una fronda mentre nei pannelli laterali occhieggiano due sante estranee al racconto. Bernardo Daddi vede la vergine ,donna fatta, non la fanciulla che immaginiamo, pienamente sicura e, tuttavia da proteggere con una specie di teca architettonica psicologicamente impenetrabile, un tappeto o porzione di pavimento, una predella e una tenda angolare che la isola dal mondo retrostante (davant non c'è altro che la fede); la sua postura è assurda, a metà tra appoggiata a una panca e in piedi; le braccia non si curano del libro che le scivola dal grembo nell'atto improvviso di alzarsi; i messaggeri sono una delegazione, più importanti di lei; l'attenzione dell'allievo di Giotto è liturgico-decorativa; ormai è stato deciso che la vergine appartenga a famiglia benestante e istruita, infatti, dispone di uno studio, di una scrivania, di un leggio e di libri (si fa astrazione dalla realtà ebraica di pastori seminomadi; il vangelo non lo legge nessuno, sono tutti analfabeti). Con Filippo Lippi la Chiesa è ormai moralmente sicura dei propri orientamenti temporalistici all'uscita dal medio-evo, essa intende entrare nell'umanismo che in gran parte ha determinato: la scena viene concepita nel segno dell'eleganza cortese e mondana, ambiente fastoso di un palazzo, lo studio si apre con triplice arcata su un giardino interno fuori dal quale si gode un paesaggio di raffinata cultura botanica; la vergine è una donna benevola e l'angelo un famiglio umile sovrastato dall’indiscutibile superiorità di lei ad un tempo femminina e sociale; marmi e pilastri decorati, profusione di ornamentazioni. E il vangelo? Botticelli, se possibile, incrementa il lusso; il rilievo degli abbigliamenti è fastoso ed eccessivo, nel paesaggio retrostante un unico albero d'alto fusto e una città che vapora nell'aria perché ormai la cultura è urbana, il medioevo archiviato; Gabriele si sottomette alla prorompente femminilità neoplatonica e carnale che lo sovrasta completamente e che consentirà solo all'imperativo della maternità che le fermenta dentro; l'artista rileva l'opulenza, attributo maschile che, pare possa tutto. Leonardo non ha esitazioni nello scegliere la terrazza di un palazzo patrizio pienamente rinascimentale i cui proprietari non si curano di esporre alle intemperie una costosissima ed esorbitante scrivania con leggio, tutta intagliata e scolpita e dorata e dipinta; la gran signora aristocratica, di fattezze raffinate ed esotiche non è adusa a temere, sta sicura semiabbandonata sul suo scranno, braccio indolentemente poggiato sul muretto mentre con la mano sinistra sembra dire: ebbene, a cosa devo questa intrusione? Il paesaggio è curato da un esperto di alta professionalità in tempi in cui nel resto d'Europa i re possedevano foreste selvagge infestate di belve. La vergine, il vangelo è stato accantonato, è super istruita e educata, abituata a trattare con principi e familiare di Baldassare Castiglione e a disprezzare e schiacciare chiunque sotto la propria irraggiungibile superiorità. Presso il Perugino si verifica una caduta estetica, tutto è espressione di altissimo artigianato, di coscienziosa e pedissequa esecuzione di una commessa, di cura nell'attenersi ai dettami, a non mettere nulla di proprio; la sua scena è accademica un pò stucchevole; solita camera, apertura sullo stesso paesaggio, tra i due interlocutori un incongruo libro su una panca come la spada tra Tristano e Isotta. Anche il suo allievo Raffaello è formale e un pò fuori posto; sembra trovarsi a un arrivo nell'atrio di palazzo Farnese se non fosse per il paesaggio finto; l'artista ha molte frecce e si è inventato l'atterraggio dell'angelo in linea con la situazione precaria predetta, ma sbaglia completamente con la vergine che non c'entra per nulla con la scena; sta seduta sparuta come una portinaia su una seggiola con il suo inaudito collo storto alla bizantina. La seconda invenzione è la polarizzazione su blu e rosso che influenzeranno tutta la pittura romana, ma il pittore non sa che pesci pigliare col dogma ed è obbligato a costringere la forma esteriore in sostanza per l'insufficiente risoluzione del proprio contenuto. Un colpo di genio pervade Lorenzo Lotto che trasferisce la scena in ambito borghese, più rispettoso di Luca ('Gabriele entrò da lei'); la giovane non è abituata a dominarsi, scappa terrorizzata tenendosi le tempie tra le mani aperte per quell'energumeno piantatosi improvvisamente nel bel mezzo dell'impiantito della sua stanza da letto, e scappa il gatto mentre un Dio decisamente fuori posto non si perita di spiare come una comare. Per il cavalier d'Arpino la società è ancora più cambiata, le architetture sono estranee sobrie e provocatorie, i suoi personaggi possiedono una psiche indagabile, la ragazza è una piena borghese coltivata e alla moda, attraente e che sa come piacere, infatti provoca desiderio, il giovane che la fronteggia è altrettanto attraente; quì il ginocchio piegato esprime un sottile senso diverso che rientra nelle regole del corteggiamento, infatti su entrambi aleggia un gruppetto di amorini : è iniziato il rinnovamento barocco di marca tridentina (d'Arpino ebbe fortuna presso due papi della Controriforma); la scena apparentemente erotica risponde alle nuove disposizioni conciliari di recupero alla fede attraverso il realismo. A Malta a fianco dell'altare maggiore della cattedrale c'è un grande dipinto caravaggesco in cui una deliziosa fanciulla si fa succhiare la mammella da un vecchio attraverso una grata : non è che l'opera di misericordia, dar da bere agli assetati. El Greco è un precursore di Caravaggio, ha una cultura sincretica (è singolare che questo aggettivo sia stato coniato con riferimento ai cretesi) in cui bizantino, veneziano, romano ed espressionismo iberico si mescolano. Non amo i profili appiattii colori acidi, la furia di finire, ciononostante El Greco ha sublimità anticipatrici. I suoi panneggi sfumano in atmosfere d'impasto indefinito dove il sentimento del contorno fiorentino si scioglie, in contrasto con la vergine che è più che reale il ribelle l'ha spostata sul lato sinistro (la luce non viene dall'oriente ?), la donna nelle sue forme opulente sottolineate dal drammatico drappeggio, sta abbarbicata a terra con tutto il suo peso sconcertata dall'angelo che si libra nell'aria presso di lei; i colori sono anticonvenzionali, in particolare la sopravveste ocra chiaro dell'angelo e i capelli tagliati corti e presi nella ventata sono strepitosi; l'angelo la richiama al cielo con un dito e lei sembra supplicare: Proprio io ? in un tripudio di colore, e luce che generano un'atmosfera vaporosa e irreale come se l'indistinzione tra terra e cielo soprassieda all'avvenimento nella geniale intuizione. E' noto che El Greco dipingeva di notte. E poi? Poi infrangendo la sequela storica, in tal modo contraddicendo la mia stessa premessa metodologica, poi il mio preferito delle Annunciazioni, il rivoluzionario, uno che non cura i dettami, il messinese che legge per conto suo Luca e non chiede delucidazioni. Luca non era un apostolo, non visse ai tempi di Gesù e si informò con gente cui i fatti erano stati tramandati. Comincia col riferire la genealogia di Gesù che ha poco da vedere con la concezione divina e scrive : 'Al sesto mese (della gravidanza di Elisabetta, preciso io ) l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea detta Nazareth ad una vergine fidanzata ad un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria. E l'angelo entrato da lei disse:’Ti saluto o favorita dalla grazia; il Signore è teco,' Ed ella fu turbata da questa parola e si domandava che cosa volesse dire un tal saluto. E l'angelo le disse:’ Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio, ed ecco tu concepirai nel tuo seno e partorirai un figliolo e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato figliolo dell'Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine.' E Maria disse all'angelo:’ Come avverrà questo poiché non conosco uomo?' E l'angelo rispondendo disse : ' Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà dell'ombra sua ; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliolo di Dio.' Questo il testo dei propositi superni di cui Maria viene informata dal messaggero che precisa :'... sarà chiamato figliolo di Dio...', come prima aveva detto :'... città di Galilea detta Nazareth...','...ad un uomo chiamato Giuseppe...', '...il nome della vergine era Maria...' ed allo stesso modo, :'...sarà chiamato Figliolo dell'Altissimo...','...il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe...', e ancora : '...perciò il santo che nascerà sarà chiamato Figliolo di Dio.' . Questo ha scritto Luca ed è del tutto impossibile che sorgano equivoci o malintendimenti nella ridondanza, e per questo stesso è evidente che il vangelo di Luca sia autentico. Del resto Luca esordisce come segue scrivendo in greco ad un conoscente greco : ' Poiché molti hanno intrapreso ad ordinare una narrazione dei fatti che si sono compiuti da noi, secondo che ce li hanno tramandato quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola, è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato d'ogni cosa dall'origine, di scrivertene per ordine, o eccellentissimo Teofilo affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate. ‘ L'unico punto oscuro è quel’... si sono compiuti da noi... ’, ma mettendo da parte queste parole, e accettando l'ipotesi che Luca e gli altri abbiano deciso di scrivere intorno al sessantacinque, resta acclarato che fino a quel momento esisteva solo una tradizione orale circa:'... i fatti che si sono compiuti tra noi...’ . In tal caso cinque anni dopo Gerusalemme sarebbe stata distrutta dall'esercito più moderno del mondo e gran parte della tradizione ebraica sarebbe andata perduta. Pure, questa data del 65 potrebbe essere falsa e accreditata unicamente per giustificare l'assenza di ogni riferimento nelle Scritture alla Distruzione, che era stata profetizzata. Della Distruzione si parlerebbe se i Vangeli avessero mantenuto la loro impronta religioso-territoriale e nazionale che si percepisce nella predicazione ma che è assente dal tono degli evangelisti che evidentemente le sono estranei e la trasformano in elemento indiretto. Perchè accade tutto questo? Perché in un'epoca in cui prevaleva la trasmissione orale dei fatti presso popoli pastori, l'esigenza di scrivere (che in ogni caso avrebbe riguardato piccolissime categorie di letterati), poteva nascere, invece, naturalmente presso comunità raffinate ed abituate da secoli all'annalistica come gli ellenisti-alessandrini che si trovarono sia a rispondere ad una naturale esigenza, sia all'emergenza di impedire la perdita della tradizione dovuta alla distruzione e alla diaspora, anzi sotto questo aspetto potevano dover rispondere più ad un imperativo culturale che religioso. Infatti, l'idea era che mettere per iscritto avrebbe non solo impedito la perdita della memoria ma anche un'ulteriore distorsione dei fatti. Nella fattispecie oltre alle calamità già citate, si accaniva contro 'i fatti compiuti tra di noi' la violentissima avversione Ebraica. La distruzione romana aveva sradicato la trasmissione orale della predicazione dal proprio impianto territoriale nel quale era già avversata, obbligandola a rifugiarsi presso plaghe di cultura greco-romana. Per questi motivi propendo a ritenere che i vangeli possano essere posteriori al settanta e composti presso comunità colte ed estranee alla Palestina. Infatti, la quintessenza della capacità espressiva di un popolo è la sua lingua che nel caso del gruppo di Gesù era l'aramaico e al limite la lingua della Torah. Gli Ebrei, prima dei Romani avevano ricusato come blasfema la cultura della cerchia di Gesù, ne avevano reclamato la punizione esemplare e la dispersione. Luca, infatti, scrive nella sua lingua greca a un conoscente di lingua greca nell'intento di precisare con la massima accuratezza avvenimenti religiosi di una comunità ebrea confutata e dispersa. Circa la veridicità che lui tenta con ogni cura di stabilire egli precisa al suo lettore che si è procurato di informarsi bene presso persone che avevano avuto tramandata la verità dei fatti; il verbo tramandare implica con certezza che tra i testimoni oculari e quelli che hanno ricevuto la tradizione deve esserci almeno una generazione; questa dichiarazione porta la stesura del vangelo di Luca agli inizi del secondo secolo. Luca si dichiara portatore di una tradizione 'tramandata' accertata con massima cura che non gli consente di mescolare gli appellativi dati a Gesù con la sua sostanza d'uomo, figlio di Maria, della casa di Davide di cui riferisce la genealogia. Quanto alla natura del concepimento il testimone unico ne fu la sola madre. Per la completezza delle informazioni va detto che si è ipotizzato che Luca potesse essere un collaboratore di Paolo di Tarso. In tale quadro storico si inserisce la rivoluzione di Antonello. L'angelo è pleonastico e fuorviante, gli orpelli fastosi una falsificazione, Maria non poteva essere istruita, ma un fatto è certo: non poteva essere la donna condiscendente e stupida o falsamente intellettuale messa in scena da secoli e ipostatizzata. Tutto il contrario, lei possiede una coscienza profonda della propria situazione benché le umili origini perché, e ciò è vero, tutti gli Ebrei ricevevano una seria e dura educazione religiosa comprendente anche la civile. Maria è una del popolo e Antonello la rappresenta con i tratti inconfondibili di una popolana siciliana; non solo è consapevole di sé e del mondo, cioè della società e della legge ma è come se volesse dirci di aver subito abuso e violenza dalla tradizione e ora ci voglia parlare direttamente, vuol parlare all'intero popolo di Cristo, lei non è un'ipostasi patristica ma una donna in carne ed ossa detentrice di altissimi principi civili e morali nonché teologici della propria religione: sappiate , sembra dire, io conosco la legge, la filiazione matrilineare la condizione virginale della promessa sposa, e la possibilità che Dio si manifesti attraverso i suoi ministri. La giovanissima conosce l'essenza dei suoi doveri di donna ebrea. E' precisamente per questo motivo che rifiuta di stare di profilo o in atteggiamento equivoco. Di fronte alla proposta lei risponde stringendosi intorno al capo il velo per proteggere la propria verginità mentre mette l'altra mano in avanti... Cosa ammirabile questo dipinto che raddrizza quattordici secoli di storia rendendo eternamente attuale il gesto di Maria ; esso si ripeterà incessantemente per i cristiani fino alla fine della storia. Cosa dice la mani avanti di Maria, assieme all'altra che stringe il velo ? Non è a me che devi fare una simile proposta, io sono la serva di Dio, ma tu sai bene che il mio assenso non può esser dato senza il beneplacito del Tempio e dei ministri di Dio, perché non ci sei andato ? Tu sai che il mio assenso privo del consenso della casa di Dio mi renderebbe solo empia e sacrilega e ciò non può essere il desiderio del mio Signore. Antonello ha fatto giustizia di un potere arbitrario che riconosce come legge non quella formulata e sacramentata nelle Scritture, ma solo se stesso. Antonello, con mezzi estetici semplicissimi quanto mirabili ed unici ricostituisce il mistero dell'Annunciazione. Il dipinto è piccolo ( circa cm.45x35 ),pochi i colori : il blu aurato del mantello,l’incarnato,lo scuro degli occhi e delle sopracciglia,le ombre sul volto e sulla mano protesa,il legno del povero tavolo e del leggio di cui si vedono i chiodi,la pergamena del libriccino dai fogli sollevati perché Maria ha tolto la mano per metterla avanti. Oltre a ciò sono importanti i movimeti : la figura ruota leggermente sul proprio asse verticale perché sospende la lettura a causa dell’intrusione verso cui si rivolge ma gli occhi sono a loro volta ruotati verso destra il che dà l’impressione del guardare storto che accentua il dissenso Che senso hanno i racconti per i quali Maria avrebbe dato il proprio assenso incurante del Tempio e dei ministri di Dio? Che senso hanno i racconti secondo cui si sarebbe sposata da sacrilega senza che qualcuno si ribellasse? E ancor peggio e da un punto di vista strettamente cattolico e romano; che senso avrebbe che questa donna che diede alla luce l'Unto del Signore si sia poi carnalmente unita a Giuseppe dando la luce ad altri figli, mentre la tradizione cattolica obbliga alla castità qualunque donna intenda consacrarsi al Signore senza aver avuto l'immensa predilezione di quel concepimento ? Ciò che sinceramente non serve è il ricorso a funambolismi e artifici logici. I Vangeli devono essere in grado di giustificarsi da soli non devono aver man forte presso le facoltà di teologia, giacché Gesù affermò di essere venuto per i poveri di spirito; i Vangeli non devono avere bisogno di costruttori di torri di Babele. Le mie personali conclusioni le trovo presso Tertulliano che la Chiesa non nomina neanche ma da cui ho tolto il mio titolo. Egli nel ' De carne Christi' scrive: 'Crucifixus est Dei Filius, non pudet quia pudendum est: Et mortuus est Dei Filius, prorsus credibile est, quia ineptum ; Et sepultus resurrexit, certum est, quia impossibile.' La premessa del 'fideismo' è che un sistema filosofico o anche un'attitudine che negano i poteri della mente non sorretti dalla ragione, ai fini del raggiungimento della certezza, affermano che il momento fondamentale della conoscenza consiste in un atto di fede e che il supremo criterio della certezza è l'autorità. Concordo con tale argomentazione a patto che salvi buonsenso e non contraddizione. Ed ecco la traduzione da Tertulliano : Il Figlio di Dio fu crocifisso, non è vergogna perché c'è da vergognarsi: E morì il Figlio di Dio, è del tutto credibile perché è sciocco : Ed essendo stato sepolto risuscitò, è certo perché impossibile.'

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