Dobbiamo un gallo ad Asclepio.

mercoledì 8 agosto 2012

CANTO DI SAN LUIGI ( Paul Claudel.Trad. da G. Miccichè)

Le maglie della rete sono aperte ed essa non c'è più. la rete che mi impaniava s'è sciolta e non ci sto più. non ho più che la prigione di Dio e il perfetto colore della terra. E' sempre la stessa messe ed è sempre lo stesso deserto. Nessuna strada vi porta ,non c'è mappa dei luoghi, Ma il lavoro è sempre lì nel fango,la piogggia e durare. Nessuna strada vi porta,se non il tempo e la fede a fine agosto. E non abbiamo cambiato di posto,con la voce radiosa d'intorno. Benedetto l'ostacolo per giungervi e i legami che mi tennero ! Ce ne volevano di forti e duri prima della prigione. Prigione è la mia maggior luce ed il più grande calore, visione della terra a fine agosto che esclude di stare altrove. Come potrei più pensare al passato e non curarmi del futuro, quando ciò che mi circonda è tale che non posso bastargli ? Come potrei curarmi di me,di ciò che mi manca o m'attende, quando Dio stesso quì fuori m'attira molto di più ? Il campo in cui sono è dell' oro e laggiù oltre le stoppie, quell'ineffabile rosa non è che la terra degli uomini! La terra stessa che per un momento assunse colori eterni, il colore di Dio con noi con tutte le umane tribù accampate. Ineffabile color di rosa e le moltitudini umane ci vivono ! Un mare d'oro e di fuoco accerchia le case e le tende. E' il giorno di San Luigi, Confessore e Re di Francia . Tengo un lembo del manto tra dita,grossa spiga rugosa dell'orlo . Dappertutto si innalzano biche di covoni ammassati, e fonde fumee crepitanti delle avene che non sono tagliate. D'oro è il tessuto e il bordo di velluto blu fondo simile a nero, come la spessa foresta che ier sera circondava Senlis. Come esser tristi quando ogni anno la stessa data in agosto è fatale ? Tristezza non è che un istante, la gioia è suprema e finale. La luce si sparge dovunque lentamente e la notte ha fugato. Grossi stormi di pernici mi frullano dinnanzi sulla terra lucente. So e vedo con gli occhi qualcosa di non ingannevole . Ride la terra e sa e ride e si acquatta nel grano e nei raggi ! A custodia del segreto svelato non è abbastanza tacersi !

giovedì 2 agosto 2012

PARDON DES OFFENSES

Da quando era stata inaugurata la linea del TGV Paris-Lyon ed era stata aperta la gare du Creusot che trovandosi a 7km dalla cittadina ha l'aria di una stazione di Far-West intorno a cui si prevede che in futuro si addenserà una civiltà, l'architetto Guy, che era anche un cartografo ed aveva inventato un metodo di proiezione della sfera sul piano tale che, a suo dire, eliminava ogni sorta di deformazione in barba a Mercator, aveva calcolato, strumenti alla mano, che St-Désert era l'ombelico fisico d'Europa, e più precisamente lo era la maison du 'Treuil' di sua moglie. Ormai dalla Gare de Lyon au Creusot passavano esattamente settantasette minuti, più quindici d'auto fino au Treuil (la carrucola ). Fu deciso, di conseguenza, che un'auto stazionasse in permanenza al parcheggio di quello che non era affatto il deserto western che mi ero figurato la prima volta, ma un importante centro della rivoluzione industriale del XIX° sec. dominata localmente dalla famiglia Schneider: acciai. Tanto importante che nello scudo araldico della città era stato messo un 'marteau-pilon', un maglio a vapore per la lavorazione di precisione dell'acciaio. Comunque questa famiglia, voglio dire quella du Treuil non aveva nulla da vedere con l'acciaio, poichè bisnonni e nonni erano proprietari di vigneti nella regione più reputata di Francia. Così, improvvisamente,'le Treuil' esplose: la signora aveva anche vinto un'annosa disputa con la sorella che aveva impugnato il suo diritto alla proprietà. L'architetto decise il ritorno all'ordine; e poichè nessuno capiva un'acca di vini fu recuperato un giovanotto del luogo, d'incerto avvenire, Marc; i terreni furono arati, messe a dimora le barbatelle, creati i filari bassi alla francese con paletti di legno e fil di ferro, acquistato un enjambeur, recuperati nelle cantine, tini, botti e forse anche la pressa. In questo furore da 'campagna del grano' mussoliniana, l'architetto decise, giustappunto, il recupero del grande grenier della casa che divenne una camerata con la carpenteria in vista e le velux sul tetto, per la felicità dei ragazzi che vi si istallarono immediatamente con trenini e tutto il resto dopo essersi spartiti coscenziosamente le zone d'influenza delimitate con i bauli e le ceste di vimini. L'architetto riservò a sua moglie e sè un bagno imperiale rivestito della bella pietra di Borgogna, una moquette spessa almeno 3 centimetri e rubinetteria dorata. Per la rue du Treuil andando verso Est si poteva facilmente raggiungere la grossa casa dei proprietari dello zuccherificio, compagni di giochi della generazione precedente ed il vicino villaggio di Rosey dove una famiglia di conoscenti abitava la casa settecentesca di un abate con boiseries e serrureries d'epoca magnifiche. Se, invece, sempre in quella direzione si piegava a Sud per la rue du Prieuré, si sarebbe lungheggiato il chateau Pardon, una dimora Luigi XVI con giardino e parco d'epoca. Ad Ovest non si andava, se non per una visita ai L.C., perchè c'era solo il villaggio di nessun interesse eccetto che per la latteria e la Posta, per il resto Chalon era vicinissima. Passammo estati piacevolissime prima dell'inizio delle malattie dei nonni; alle spalle delle case c'era famigerata,'la riotte-au-loups', ai vecchi tempi viottolo dei lupi, e nei pressi la 'pierre glissante', uno scoglio inclinato e lisciato da generazioni di bambini di famiglia che lo avevano usato come toboga. Non sapevo nulla della Borgogna e dell'incanto delle sue chiesette romaniche, nè 'du civet de lièvre' della stagione della caccia o dei "canons" de rouge da farsi servire 'au zinc' di prima mattina, solo qualche generalità sul vino e sulla pretesa dei suoi duchi di ergersi contro i re di Francia che avevo appreso in romanzi per ragazzi; ci trovavo somiglianze col paesaggio umbro-toscano, ma contemplavo le zolle con scetticismo: erano una mescolanza di pietra calcarea dorata e sminuzzata mescolata ad un pò di humus dello stesso colore che mi pareva povero e infecondo. Studi improvvisati mi resero noto che la terra vinicola borgognona consisteva nello strato di 30 centimetri che ho descritto riposante su di un solido letto roccioso; era stata pazientemente studiata e catalogata nel medio-evo da vari ordini monastici che ne avevano identificato tutti i terreni parcella per parcella, distinguendone quelli adatti alla vigna, che avevano suddivisi e classificati a seconda della qualità del prodotto possibile; non c'era assolutamente nulla da scoprire in Borgogna; la potentissima organizzazione dei viticultori sorvegliava ogni possibile abuso; se le terre non erano idonee alla vigna risultava dal catasto, la quantità d'uva permessa per ogni piede era strettamente stabilita in base alla qualità; stessa pratica per le denominazioni; le qualità partivano dal vino qualsiasi, quello da vendersi non imbottigliato 'à la pompe' ai premier cru e ai grand cru della Cote d'Or. Quattro vitigni: Chardonnay (bianco), Aligoté (bianco), Gamay (rosso) e Pinot Noir (rosso), il resto era virtù della terra. In quest'area possedere un ettaro nel posto più giusto significava essere agiati. Nella Yonne si fa il Chablis, nella Cote de Nuits il Gevrey-Chambertin, il Vosne-Romanée, il Nuits St.George; dalla Cote de Beaune vengono i Pommard, i Volnay, i Santenay, i grandi bianchi di Meursault( Puligny e Chassagne), dal Màconnais i bianchi Pouilly e St.-Véran e ancora Alox-Corton, Musigny, Clos de Vougeot(dove mangiai un coq-au-vin delizioso)e Mercurey. Ma il cuore è la Cote d'Or, divisa in Cote de Nuits (Nord) e Cote de Beaune (Sud). Sono celebri le aste annuali degli Hospices de Beaune che fanno capo all'Hotel-Dieu, un ospedale fondato nel 1441 oggi museo, in cui vengono battute botti dei 'Domaines des Hospices de Beaune', appezzamenti via via donati all' Istituto di Carità, il cui ricavato viene integralmente devoluto agli Ospedali collegati ad esso. L'evento gestito da Christie's nella III° domenica di novembre, ha risonanza mondiale. L'Istituto possiede 61 ettari che essendo ubicati lì equivalgono a 10.000 in qualsiasi altro posto del mondo e sono tutti situati intorno a Beaune. L'Ospizio è un edificio straordinario del XV° sec. i cui tetti colorati riproducono grandi disegni geometrici. La corsia principale dell'ospedale ha il tetto a carena di nave rovesciata con carpenteria in vista; i letti tutti a baldacchino con cortine rosse scorrevoli per l'isolamento (credo ci fosse ancora qualche vecchio indigente quando lo visitai nel 1971). Sulla parete di fondo il celebre trittico di Van der Weyden del 1443 'giudizio universale', è uno dei rarissimi dipinti rimasti al loro posto dall'origine, donatore un certo Cancelliere Rollin inginocchiato con la moglie sugli sportelli, interessanti per le quattro grisaglie a imitazione di sculture. Rispetto a questo paradiso del palato e della vista, St.Désert resta 43km. a Sud, il nome mi fece arrovellare invano ma è possibile che sia solo la deformazione in patois locale di St.Isidoro. Sarah si divertiva come una matta ogni estate perchè la nonna le consentiva di andare sulla strada pubblica dove non passava un'anima, e perfino fino al villaggio di Rosey, dove generalmente si recava per catturare un sempliciotto di guardia campestre che si tirava dietro in catene fino a casa dove si presentava con la sua preda sorridente che giocava come un bambino mentre lei faceva sul serio avendo deciso di diventare gendarme; in seguito dopo il 23 maggio e il 19 luglio 1992 aveva deciso di diventare giudice, ma le mancò la costanza necessaria. I vignaiuoli mi spiegarono che la loro terra era straordinaria, mi portavano nelle loro cantine lunghissime con volte a botte e temperatura costante di 5 gradi; erano necessarie delle gallette per assorbire il vino, e bevevamo spillando direttamente: i Yankees lo avevano capito durante la seconda guerra mondiale, asserivano, e verso gli anni 1960 avevano cominciato ad importare carichi di terra borgognona che sbarcavano in California nell'ipotesi di produrre Alox-Corton e Romanée-Conti; sorridevano: gli americani sono dei 'cons'. Tra i frequentatori della casa c'era una donna che occupava la dépendance, M.lle Julie, non so a qual titolo, forse perchè era stata l'antica guardiana, forse per pietà; mi stupiva sentirla parlare appropriatamente un buon francese, che dimostrava un'istruzione impensabile in una Siciliana pari grado; Fu lì che riconsiderai alquanto le mie opinioni sulle evidenti carenze educative del mio Paese. Poi finalmente si fece la prima raccolta, Anne era stata incaricata di disegnare l'etichetta e naturalmente vi mise un inchiostro della casa. St-Désert non è un grand cru, vino medio con difficoltà di collocamento data l'abbondanza. Nel cortile c'erano due mandorli; non avrei immaginato di schiacciare mandorle in agosto su un muretto borgognone raccogliendole dall'albero che mi faceva ombra, i ciliegi erano stracarichi, normalissimo per loro e meno per me, i pomodori dell'orto deliziosi, gli ultimi di cui serbo ricordo, la signora preparava la torta al rabarbaro piantato da Marc; adoravo le basse recinzioni delle aiuole fatte di meli nani che consideravo straordinarie e mi si stringe il cuore al pensiero che sono state estirpate. Prediligevo le colazioni all'aperto sotto il frondosissimo tiglio da cui non trapelava il più piccolo raggio di sole, e le 'monnaies du pape' che gli tintinnavano intorno nell'aiuola; la finestra della casa del contadino aveva una cornice in pietra con una piccola decorazione e Louis (che era soprintendente alle antichità)sosteneva che fosse stata recuperata da un edificio gallo-romano, infatti durante l'aratura di uno dei campi sulla strada di Rosey era saltata fuori la base di un edificio che un archeologo aveva dichiatato tale. Aprendo il cancello del lato Sud sulla strada pubblica, al di là di essa, un pò più in basso e in declivio si estendeva un gran vigneto coltivato alla perfezione: non una sola foglia fuori posto; l'ammirazione mi portò a sorvegliarlo per vedere chi lo coltivava, mi ci affacciavo a tutte le ore perfino all'alba: mai nessun; proprio al confine di questa proprietà con la strada, cioè sotto di me c'era una grande vasca vuota con decorazioni di ghisa, era una cosa di una certa pretesa che suggeriva l'idea di un giardino decorativo in un tempo andato. Dalla parte opposta si apriva il giardino interno du Treuil con in fondo un boschetto che si poteva contemplare dalla 'chambre-à-mouches', una camera da letto dove inesplicabilmente ad ogni ritorno di stagione si trovavano migliaia di mosche morte. Ma se mi affacciavo dalla mia camera da letto in stile veneziano ed lasciavo spaziare lo sguardo oltre la vigna misteriosa finivo sempre per fissare lo chateau Pardon con il giardino anteriore sulla strada ed il gran parco dietro; mi dissero che apparteneva ad un conoscente, monsieur Pardon, che ci viveva con la moglie, un ex mannequin. La signora continuava a ripetere al marito di portarmi in visita dai Pardon e ciò si verificò alla fine durante le vacanze di un Natale fra il 1975 e il 1977. Era abbastanza vicino, ma solo quando ci trovammo lì di fronte in auto mi resi conto che il giardino era in abbandono, l'edificio, invece, era in ottime condizioni in ogni sua parte, comprese tutte le finestre, porte e lucarnes sui tetti. Venne ad aprirci il sig.Pardon in persona soave e lieto, che tutti chiamavano: 'Pardon-des-Offenses', una formula generica di scuse che giocava sul nome. Ci introdusse nel suo 'appartamento' se così devo definire quello che apparentemente sembrava essere stato un servizio di quel palazzo di almeno cinquanta stanze; era un'unico ambiente con un cucinino e un bagnetto ricavati da due bugigattoli nel fondo. La signora stava su una sedia a rotelle, paralitica, lo sguardo stralunato della demenza senile, porgeva un occhio curioso avido di novità e al tempo stesso completamente vuoto; i suoi capelli stinti erano irti e conservavano tracce di una cura di parrucchiere che doveva risalire almeno al Natale precedente, indossava una vestaglia azzurra gualcita e pantofole; la stanza era in disordine: medicine, biancheria, piatti, resti; il sig.Pardon continuava a gratificarci del suo sorriso incantevole mentre l'architetto gli snocciolava la dovuta serie di gentilezze che le buone maniere imponevano e lui si chiedeva, suppongo, la ragione della visita, se fosse una visita natalizia del suo vicino o altro; infine l'attenzione fu spostata su di me e sul mio interesse a visitare la sua dimora. Mentre tutto ciò si verificava ero oltremodo turbato e disturbato dall'insopportabile lezzo di orina che permeava la stanza le cui esalazioni erano esaltate dal calore; si sa che organi come il naso e il palato vanno del tutto fuori uso se sottoposti a stress eccessivi, il che mi suggeriva che il sig.Pardon non sentiva affatto ciò che sentivo io. 'Bene, facciamo un giretto', disse Pardon approvando la richiesta con compiacimento, e gli vidi staccare da un gancio un pesante pastrano che doveva aver visto la campagna napoleonica di Russia, e un basco che calzò a fondo. 'Che abbia capito che desidero visitare il parco?' mi domandai deluso, invece aveva capito benissimo; ero io ad ignorare la differenza di temperatura tra la stanza in cui viveva e quella generale dello chateau che era prossima allo zero. Uscimmo e cominciammo ad avanzare su una soffice coltre di polvere che sostituiva bene la piacevolezza dei tappeti; dai grossi fanali dello scalone pendevano enormi ragnatele come sartie di nave e non appena ci scambiammo qualche parola partirono pipistrelli in ogni direzione; mi rincuorai, la loro presenza mi assicurava che non erano stati sparsi troppi pesticidi come dalle mie parti dove sono scomparsi; ero abbastanza felice; al piano, la grande sala da pranzo dove l'immenso tavolo e le pesanti sedie giacevano sommersi; nei buffet faceva bella mostra un vasellame prezioso completamente ricoperto di strati grigio-topo; tutto appariva come un cantiere archeologico, una specie di Ercolano del XVIII° secolo. Nella galleria monsieur Pardon aprì qualche porta di camera da letto, con tutti i mobili d'epoca e fino i copriletti sui letti, le tende pendevano a pezzi. Per un istante ebbi la sensazione di trovarmi in visita agli studios di Hollywood, in un teatro di posa in cui fosse stato allestito il set di un film dell'orrore, solo non provavo alcun senso di paura o di ripugnanza ma solo un gran sentimento di simpatia per il mio ospite innocente e naturale che continuava imperturbabile nel suo celestiale sorridere contentissimo degli amici in visita. Fu un evento; quando tornammo fuori nell'aria tersa e tagliente, l'architetto mi informò che la vecchia paralitica maleodorante era stata una delle più belle donne di Paris tra il 1905 e il 1914, mannequin di Paul Poiret un genio della moda adorato dal tout Paris, che teneva feste leggendarie, una di queste che venne denominata 'La mille e due notti' servì al lancio della sua linea di profumi: 'Notte Persiana' e 'Minareto'. Durante la guerra del 1914 si mise a disposizione della Patria facendo uniformi militari, ma quando tutto tornò alla normalità, nel 1919, saltò fuori Coco Chanel che tagliò le gonne ed i capelli ed abolì tutti i fronzoli art-nouveau; lui non fu in grado di rinnovarsi, andò in rovina e finì come pittore di strada; il suo funerale fu pagato dall' amica Elsa Schiapparelli. Trassi un profondo sospiro. In seguito chiesi regolarmente nuove di monsieur Pardon fino a quando fui informato che i suoi eredi avevano venduto il chateau ad un ricco macellaio di Chalon; anni dopo mi accorsi che il giardino era stato restaurato alla perfezione ed anche il parco; il chateau ora aveva i vetri brillanti che straluccicavano al sole accecandomi quando vi affissavo lo sguardo rivolgendo il mio pensiero al buon monsieur Pardon. La notte di quel pomeriggio tutta la famiglia si recò alla messa di mezzanotte, nella chiesa del villaggio, officiata dal povero parroco che tra l'altro era tisico. Quando all'Elevazione della celebrazione in rito antico, levò le braccia, con esse si sollevarono la sua casula sdrucita e il camice che lasciò brevemente scoperti i suoi stinchi magri; calzava scarponi da contadino senza calze, il freddo intenso era mitigato dal fiato dei paesani. Mi chiesi con chi avrebbe desinato quel sacerdote, fui intenerito dalla semplicità di un complesso di tre ottoni fuori moda che accompagnavano i bei canti di Natale francesi e fra essi quello che amo di più . 'Il est né le divin enfant Jouez hautbois, résonnez musettes ! Il est né le divin enfant Chantons tous son avénement!... melodia del XVII° sec. di portata nazionale. Come a tutti gli egoisti del mio stampo, un velo scese a coprirmi i sentimenti non appena varcai la soglia della casa perfettamente riscaldata elettricamente, appena mi fu messo in mano un calice, appena seduto a tavola ebbi i miei crostini caldi nel lino di bucato,il delizioso burro dell'unica vacca charolaise che veniva munta, il mio foie-gras e il Sauternes, appena arrivò il gigot fumante dalla cucina e porsi il mio piatto ben caldo al forchettone dell'architetto, e appena affondai il mio coltello dal manico di corno di cervo nella carne morbida. Poi si andò tutti in salotto dove un immensa trave di una decina di metri e mezzo di spessore reggeva il piano superiore da secoli; fu la festa dei pacchetti e si concluse il Natale.