Dobbiamo un gallo ad Asclepio.

venerdì 25 maggio 2012

LA SAINT BARTHELEMY DE CLOTHILDE



 Tra le persone scorbutiche e iraconde la palma le spetta di diritto. E' fosse tutto qui!
A mio avviso è anche una devota di Maurras, o meglio, la identificai tale quella volta che arrestò l'auto di colpo in piena autostrada ingiungendomi di scendere immediatamente perchè le avevo appena dichiarato di essere uno sfegatato maoista per provocarla; pensare che stesse scherzando era fuori luogo viste le sue guance paonazze e gli occhi pronti a schizzare fuori, nè potevo insinuare di avere scherzato, perchè in quel caso mi avrebbe considerato ridicolo e inaffidabile per sempre; avessi detto che ero uno chouan o un vandeano mi avrebbe nominato nelle sue volontà. Dovetti rifiutare di scendere, malgrado quel rifiuto mi costasse, perchè sarei stato destinato a sicura morte, arrotato da un camion, o mi sarei dovuto acconciare a farmela a piedi fino alla città più vicina, dando per certo che nessuno mi avrebbe raccolto dopo tutti i film sugli autostoppisti che si rivelano rapinatori.
Quando non era in collera, quando nessuno la mandava in bestia, Clothilde si limitava ad una affettuosa schiavizzazione di qualsiasi suo conoscente, ma in compenso aveva una competenza in letteratura e musica del tutto rara e noncurante, ed oltre a ciò era disponibile a darti lezioni di computer (che maneggiava come gli aghi da tricot) ai tempi in cui nessuno ne capiva niente e il software doveva essere costruito su misura da un programmatore che conoscesse almeno un paio di linguaggi.
Fu lei a sistemare la mia biblioteca essendo una professionista del settore.
Le uniche singolarità di Clothilde sono che andava regolarmente alla messa annuale  dei leggittimisti alla Chapelle Expiatoire e dava del voi alla madre, la vicomtesse-douarière ( ma è normale nelle famiglie aristocratiche) e, forse un pò meno, che la odiasse senza farne mistero (e probabilmente il 'voi'  risentiva più di questo fatto che dell' altro).
La madre, che aveva l'aria d'un' insegnante elementare, le aveva fatto l'imperdonabile  torto di non averla avvertita dell'aggravamento delle condizioni del padre mentre lei aveva preso un passaggio da Mascate a Karachi (ai tempi in cui l'Oman era proibito agli stranieri),  grazie a un cugino diplomatico che garantì per lei ,su un cargo cinese dove tutta la ciurma la ritenne cinese fino allo sbarco.
Clothilde possedeva a St. D. i resti di una magnifica proprietà con casa e pelouse di 4/5 ettari sul retro ed era costantamente infuriata con le talpe che ne rodevano le radici.
Con Marie-Josèphe costuitivamo talvolta un terzetto di svuotatori di bottiglie di Bourgogne rosso durante le lunghe partite di whist.
Discende da un generale di Napoleone che gli aveva vinto un paio di importanti battaglie e si aspettava il bastone di maresciallo, invece era stato ricompensato con un fucile di Maria Antonietta saccheggiato a Versailles ed altre cianfrusaglie del genere.
Quest'arma è di gran lunga la più bella che abbia visto (e sono appassionato dei musei d'armi europei ma non ne ho mai visto una simile per l'equilibratura, le damaschinature,gli intarsi, la meccanica e la leggerezza).
Il generale L.C. scrisse un' amarissima lettera  all'imperatore (di cui Clothilde custodisce copia che ho letto) e i loro rapporti si guastarono. In seguito il municipio di Paris decise di intestargli una via nel XV°. Per un pelo non ebbe un boulevard.
Quando andavo a passare le vacanze a St.D. Clothile mi portava in giro per il contado sulla sua grossa moto alla scoperta di lavatoi medievali tuttora in uso, chiesette romaniche sperdutissime e non segnalate, siti archeologici gallo-romani, che per me erano robetta ma avevano il fascino della loro terra che in qualche modo mi rammentava i paesaggi umbro-toscani.
A Paris Clothilde aveva un appartamento propisciente il Père Lachaise che non aveva nè vista nè indirizzo ideali, ma ciò faceva parte della sua eccentricità; non era neanche un tipo facile da capirsi, anche a causa della sua rigida dirittura morale e di un' idea transcendentale dell'aristocraticità.
Una volta si offri di fare ospitare mio figlio da un cugino pecoraio che viveva nei boschi; il ragazzo non era encora stato avvezzato alle asperità della vita,mentre Clothilde che lo amava abbastanza era convinta dell' importanza delle iniziazioni. Lui fu indignato che si mangiassero delle scatolette riscaldate a bagno-marie, che i piatti fossero ripuliti dai cani, che nel loro abituro non ci fossero pavimenti, vi circolassero indisturbati topi, insetti e vari animaletti come le scolopendre, tutti in cerca di resti alimentari, che si dormisse in sacchi a pelo, su brandine, che non  fosse ritenuto fondamentale lavarsi e che le stesse pecore potessero entrare e uscire insozzando (ammesso che ci fosse qualcosa da sporcare). Sta nei fatti che tornò con il viso color mattone, le unghie nere, trasformato in una specie di polifemo taciturno. Il cugino appartiene agli stessi lombi e Clothilde, che lo predilige, gli ha destinato alcune centinaie di ettari di boschi che saranno rimessi in sesto con il ricavato dell'asta del fuciletto.

Clothilde mi telefonò: "Tu viens, demain matin je fais le pressage du cassis"
Naturalmente sospettavo conoscendo il contenuto di quella bacca di sangue arterioso; va bene, ma non sperare di mandarmi in lavanderia calzato e vestito, mi dissi.
Nessuno si sottrae all'imperiosità di Clothilde, cosi mi presentai puntuale nella casa completamente svaligiata dei mobili antichi sostituiti con mobili in stile. Ero passato dalla celebre (per noi) laiterie du village (ormai chiusa) a prendere un pot de crème fraiche e del fromage blanc; strada facendo avevo incontrato un anziano del villaggio che spingeva a mano la sua bici e mi aveva confidato: "Ils vous ont bien adopté", con riferimento ad Albert e Marie-Thérèse G.
C'era anche Marie-Louise cui qualche giorno prima era entrato un ladro in casa e lei si era svegliata ed era stata certissima che sarebbe stata violentata, invece il ladro le aveva detto di stare tranquilla, seduta sul bordo del letto, aveva svuotato portafogli e portagioie e se ne era andato cosi come era venuto.
Ero pronto a reagire violentemente. Clothilde apri una cassapanca e ne tirò fuori vecchi abiti maschili
tarlati del primo novecento (non c'era alcun maschio nella sua famiglia da quando la frequentavo), e ci abbigliammo tutti come Charlot, Stallio e Ollio; passammo nell'orangerie in cui si trovava la tinozza e i frutti raccolti in panieri. Il compito consisteva nel prendere manciate di frutti e spremerli nel tino intorno al quale ci affaciavamo inginocchiati.Naturalmente l'inchiostro zampillò in tutte le direzioni, mani lorde, visi schizzati, abiti insanguinati e davanti a noi un pozzo di sangue, ci eravamo
abbrutiti e ci veniva naturale digrignare i denti: uno scempio, uno scenario da omicidi plurimi, una notte di San Bartolomeo in cui la parte degli ugonotti era stata sostenuta dai miseri cassis e noi dalla parte di Caterina de' Medici.
Quando tornammo alla civiltà, e fu faticoso, la sera, Clothilde ci servi un superbo "saumon en croute" .
Ne attacai l'esterno tiepido ma commisi l'imprudenza di ingoiarne un boccone dell' interno; fu come se un fiume di lava mi fosse sceso nell'esofago, ma il peggio era che non potevo reagire adeguatamente in presenza della vicomtesse-douarière; solo due lacrime mi si formarono agli angoli degli occhi e nell'immane sofferenza mi raffigurai il momento in cui steso sul tavolo avrei subito l'ablazione di parti necrotiche delle mie viscere, forse mi avrebbero applicato una borsa esterna legata alla vita come avevo sentito dire di qualche disgraziato.
Era chiaro che la mia ospite aveva preso un piatto pronto da Picard e lo avva passato al microonde, cavandosi d'impaccio senza preoccuparsi degli ospiti. Non glielo perdonai perchè tutte le altre ospiti
presenti erano evidentemente al corrente.
In seguito fui ricompensato con qualche bottiglia di crème de cassis, che come si sa, sta alla base del Kyr normal o royal, e di liqueur.
Quel "saumon en croute", tuttavia, fu la goccia che incrinò i nostri rapporti.
Di lei avevo sopportato tutto perchè la giudicavo fine, intelligente e istruita, ma quel "saumon en croute" non mi era andato proprio giù.





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domenica 20 maggio 2012

CAVALLO PAZZO

Chi si ricorda di lui?
Verso la fine degli anni 1970; gli Indiani Metropolitani erano l'area più creativa del Movimento del '77, gravitavano intorno a 'Re Nudo', si erano innestati sulla fine degli hippies e si facevano chiamare anche freaks-rock, Kerouac, Ginsberg, i Situazionisti, Marcuse, D.Cooper, Reich e T.Leary, l'apostolo dell'LSD, era quell'epoca. Loro peculiarità: rifiuto di pagare il prezzo dei concerti che poi si estese a tutto, sesso libero, droga libera.
C'era un legame con l'Autonomia Operaia che fu stroncata dalla repressione, non ne ebbero bisogno essendosi fatti stroncare dall'avvento dell'eroina; avevano abbandonato il marxismo in favore di una critica della borghesia d'ispirazione dadaista.Tra tutto questo bailàmme, che solo chi è nato negli anni 1950 ricorderà, essi furono gli inventori della visibilità ( i cui figli sono gli Sgarbi, i Ferrara, i D'Agostino e la pletora degli avventori occasionali della TV che spariscono come farfalle grate di essere vissute anche solo un giorno).
Quella sera mi trovavo a Taormina con Roberto e le nostre donne, causa un concerto. Ci istallammo al Timeo che è a ridosso del teatro. Era una notte spettacolare e oleografica su Mazzarò e l'Etna, con tanto di luna, ed il sig.Lo Turco, faccia butterata e paonazza, capelli ricciutissimi, con l'aspetto di un serial killer ed il tratto gentile e delicato di un'educanda, con grazia ci invitò a cena perchè eravamo capitati in quel preciso giorno di festa in cui lui aveva quest'abitudine con gli ospiti che gli piacevano. Anne mi diede di gomito: guarda al tavolo alla tua destra. Un giovane elegante e fine con maitre e due camerieri che andavano e venivano con champagne, aragoste e prelibatezze, la guardai interrogativamente: è Cavallo Pazzo. Ne conoscevo le gesta ma non l'avrei mai riconosciuto. Nasceva il problema di denunciarlo, ma non me la sentii di fare la spia anche se avrei tradito il mio ospite. Magari pagherà.
Lo Turco passava spesso per accertarsi che tutto procedesse bene e lanciare qualche spritosaggine. Del concerto mi sono dimenticato.
L'indomani facemmo un giretto nel singolare giardino o meglio in ciò che resta della folie ottocentesca della sua fondatrice britannica, che mi piace tanto. Accommiatandoci Lo Turco ci rammentò quel signore elegante accanto a noi la sera precedente: chi se lo immaginava, è sparito, ho dovuto fare denuncia.
Cavallo Pazzo morì giovanissimo dopo un'altra serie di exploit e degli Indiano metropolitani si perse la traccia.

Buone Maniere

Una della attitudini che più mi dispiaccino del mio Paese è quella verso le buone maniere, ciò che più mi attrae della Francia: la regolarità delle relazioni civili, il segreto che rende piacevolissima la vita in una città. E' curioso come gli Italiani e i Francesi provinciali siano concordi nel giudicare i Parigini estremamente antipatici: lo capisco bene visto che per me sono le persone più piacevoli del mondo. L'introiezione delle buone maniere è un modo della naturalezza gradevole di una persona.
Un primo pomeriggio di metà maggio mi proposi di visitare il padiglione Le Corbusier alla Cité Universitaire, estremo sud della città; uscii alle 13 e sbocconcellai per strada una piccola quiche lorraine, un palmier con un ballon de rouge. Il padiglione era chiuso e dalle vetrate mi sembrò molto in disordine e molto usato. Era talmente tiepido che attraversai ed entrai nel Parc Montsouris, cercai un gazon e mi distesi al sole come un perdigiorno. Tuttintorno erano giovani mamme stese o sedute con i loro rejetons neo nati e fino a 3 o 4 anni. Venni colto da un colpo di sonno primaverile ,finii come ...in riva di Scamandro e sognai...forse era l'isola di Calipso quando mi sentii tirare per il colletto e fu giocoforza tornare:'Excusez moi, Monsieur', una vocina incerta nell'articolazione, sul mio il viso di un bimbo di cui percepivo l'odore sano e fragrante; gli feci una carezza sorridente e gli risposi con la dovuta formula; lui si volse alla madre che lo approvò col capo e mi sorrise. Ciò su cui ebbi modo di riflettere fu che alla signora non importava nulla che il piccolo mi svegliasse, per lei il punto era che l'infante imparasse da subito come si sta al mondo e per questo ogni circostanza era buona.
 Verso la metà di ottobre venne inaugurata la stagione dei concerti con la Valentini-Terrani e la Ricciarelli, dopo Roberto ci invitò a cena nel suo bell'appartamento di 500mq con vista sul magnifico giardino di secolari ficus-religiosa simili a quello sotto cui Gautama si era addormentato per sempre per sua deliberata scelta. Lucia era un contralto belcantista notevole guidata da un gusto sicuro che non cedeva in nulla alle lusinghe dei loggioni; mi le ritrovai accanto ed essendo assai curioso di ciò che potesse passare per la mente di una cantante durante l'esecuzione,le chiesi. Sembrò come se non aspettasse altro e mi spiegò che quando il direttore era uno con cui stabiliva un'intesa (il che lei sentiva dal primo momento), un'esecuzione si trasformava in qualcosa di assai simile ad un atto sessuale completo per quanto sublimato. Non credevo alle mie orecchie. La Ricciarelli, un pò distante, ci sogguardava incuriosita alla vista della sua amica tanto appassionata con un perfetto sconosciuto. E non solo lei. C'era anche il marito. Ero stato informato che la Ricciarelli, ex commessa di grande magazzino era stata folgorata per caso sulla via del belcanto, mentre il marito della Valentini era un attore di teatro semifallito che nella moglie aveva trovato il suo campavita. Deve averne avuto abbastanza delle nostre risatine soffocate e dei bisbigli all'orecchia, perchè si diresse risolutamente verso di me apostrofandomi: 'Ma perchè non si occupa delle altre signore?'. Si istallò accanto alla moglie e non si mosse più. Mal gliene incolse perchè la povere Lucia prese la leucemia magari contagiata sublimemente da Carreras che l'aveva presa. Lei tanto generosa da aggiungere l'oscuro nome di lui al suo luminoso. Differenza tra un bambino francese e un uomo italiano.

Dr.Bovary und Herr Schumann

E' noto che 'Madame Bovary' ebbe lunga gestazione, dal 1837 (autore sedicenne) al '56, anno della morte di Schumann che non vedo come coincidenza. Il romanzo contiene una stranezza nel personaggio del dr.Bovary, piccolo medico di paese, che la moglie velleiteria vuole promosso professionalmente.
Emma spinge il meschino a mettersi in luce con un'operazione ortopedica al piede dello storpio del villaggio; il dottore si rifiuta non essendo chirurgo nè ortopedico ma la moglie tanto insiste da persuaderlo. Bovary costruisce una macchina in cui imprigiona il piede del disgraziato e lo rovina del tutto, alienandosi definitivamente la moglie.
 La storia, per la singolarità mi portò ad esaminarla come un rompicapo da interpretare; mi ci arrovellai finchè mi parve di averne trovato il bandolo: era la storia di Robert Schumann che non poteva essere raccontata prima della morte di un uomo le cui ambizioni erano impari ai mezzi. Egli sperava in una carriera di concertista e per migliorare l'agilità delle dita si fabbricò una macchina da applicare alla mano che avrebbe esercitato le dita automaticamente; con essa si rovinò l'anulare destro e ogni velleità ebbe termine. Elemento peculiare della sua storia è che Clara era dotata eccezionalmente sicchè divenne una concertista internazionale disputatissima in Europa agli albori del divismo virtuosistico. Il povero Robert si ridusse a seguirla applicandosi alla composizione che in lui oltre l'ispirazione iperomantica aveva corto respiro.
Per quanto mi riguarda, l'intera sua musica orchestrale può essere messa nella spazzatura senza rimpianti, ma non certo i suoi piccoli stuke per piano e i suoi lieder tra i quali uno dei cicli più valevoli della letteratura vocale romantica: 'Frauen liebe und leben' (se non erro su un abominevole testo di Chamisso), che mi fu donato da una donna ed ancora mi domando se con intenti allusivi. Lo squilibrio mentale era tara familiare, ma c'è chi sostiene che vi fosse una degenerazione luetica nel suo: non lo credo. S'innamorò di Clara da ragazzo e andò in tribunale contro il prof.Wieck per averla; ne fu sempre innamorato pazzo e a 43 anni finì in manicomio dopo un tentativo di suicidio. Anche volendo, quando avrebbe trovato il tempo di andare a puttane?
Tra i meriti di Robert c'è la fondazione della critica musicale europea, con una rivista che, credo, si pubblichi tuttora. Il suo massimo allievo e amico personale, tale Brahms, consolò Clara che era molto più vecchia di lui e divenne la sua musa, consigliera e critica: Brahms non si sposò, non so se per rispetto di Clara o di Robert.

IL CAMPO DI POLO DI GIARRE

Iersera TG1 Special: sbalordimento, a Giarre c'è un campo di polo!
Un'immane massa di cemento in disfacimento.
Quando andavo a Deauville, dalla finestra del bagno guardavo gli allenamenti di polo mentre mi radevo e qualche volta ci andavo. Luogo meraviglioso: era stato ricavato all'interno dell'anello dell'ippodromo della Touques, un'enorme spazio verde; nel lato meno importante c'erano sedie allineate,  in quello importante una pedana di legno (mi pare a tre gradini) con un microscopico bar. Nessuna recinzione eccetto le assi di legno cui legare i cavalli. In quel luogo di assoluta semplicità andavano a giocare i rampolli delle famiglie più ricche del pianeta. A guardare l'orrore cementizio di Giarre si rimane costernati: chissà quanti miliardi buttati via solo per distruggere la natura! Povera Sicilia.

L'ORIGINE DEL MONDO

E' noto che la cultura antica e quella popolare considerano l'arte illustrazione della natura; l'illuminismo andò oltre e ne vide la relazione con l'educazione. Platone escluse dalla repubblica i poeti perchè non promuovono la ragione e Rousseau chiedeva la chiusura dei teatri che eccitano i temperamenti peggiori. Cervelli tra i più celebrati pensarono che l'arte dovesse essere subordinata a qualcosa di pratico. In tempi molto più recenti abbiamo dato addosso al romanticismo per motivi molto simili a quelli di Platone, però esso ci ha lasciato la grande eredità dell'autonomia integrale dell'arte.
La prima conseguenza è l'abolizione della censura perchè essa, l'arte, non ha relazione con la materia che tratta: 'L'origine del mondo' di G.Courbet non è l'illustrazione ravvicinata dei genitali di una donna, ma altro...

LE NUGATINE ALL'OSSERVANZA

Passeggiamo tra gli stretti sentieri del giardino uno dei quali conduce alla piccola gettata sull'acqua. Mi racconta dell'Osservanza, troppo importante per tenerla da sola dopo la morte d'Alberto, con il parco in piena città; la vendette ad un petroliere il cui matrimonio franò proprio lì; la moglie, Alessandra, s'ingegnò di restarci riuscendovi in pieno (almeno finora), è un'appassionata di Estremo Oriente con villa a Balì dove passa regolarmente alcuni mesi ed ha pensato di organizzare un'attività di arredamenti e oggetti: il parco ne è completamente disseminato e la villa zeppa.
Ale è una persona generosa ed ha accolto in cantina un noto cuoco con famiglia (uno che tiene corsi in TV), che organizza di tanto in tanto banchetti per una clientela scelta. Per caso giunse lì un signore anziano che s'innamorò dei luoghi a prima vista, le raccontò di trovarsi in fase terminale di un cancro e le disse che gli sarebbe piaciuto morire lì. Detto fatto: restò. Era l'agente della celebre fabbrica di caramelle Nugatine (delizia della mia infanzia che ritenevo estinte), e le lasciò in eredità kg.70 di caramelle non incartate con le relative cartine a parte. Ora Alessandra passa il tempo ad incartare Nugatine per amici e clienti.

giovedì 17 maggio 2012

TRA NOI MASCHIETTI

Il telefono si mise a squillare alle 6,30, ci misi un pò a venir fuori dalla tenebra poichè non avevo previsto una sveglia tanto per tempo. Una voce biascicò in un francese grammaticalmente corretto ma di accento palermitano; non un 'allo', un 'pronto', un nome proprio. Mentre mi sbolliva la furia per il risveglio contronatura, a mano a mano che emergevo dal nulla, il cervello aveva analizzato per conto proprio fornendomi le indicazioni del caso. Non intendevo dargli la soddisfazione di fingere di non aver capito, gli dissi semplicemente . 'Fait-il beau à Palerme ?', non si diede per inteso fornendomi en-passant l'informazione e continuando imperterrito a rovesciare inezie nella cornetta, prima di comunicarmi che disponeva di due inviti ad un convegno di commercialisti a Siracusa. Cadevo dalle nuvole : ' Che ne diresti di accompagnarmi, così ci vediamo anche una tragedia ?' Quando mi si parla di Siracusa e di teatro greco le mie difese si abbassano, 'Si può fare' risposi cauto, 'benissimo, allora metti qualcosa in borsa perchè mi trovo al bar di S.Lucia vicino a casa tua, ho già i biglietti, prenotazioni per pranzi e cene e una notte in agriturismo.' Mi aveva avuto. Non è che fossi stupito se non della mia incauta cautela, quel tipo era fatto così: ti chiamava a mezzanotte invitandoti ad una festa alle fiaccole in un palazzo barocco della 'Vucciria' in cui sarebbe intervenuto un noto intellettuale  tedesco, oppure alle 4,30 per andare a prendere la prima copia del 'Giornale di Sicilia' calda di rotativa che ti sporcava le dita, per il piacere di leggere i necrologi prima di tutti, sbocconcellando un cornetto bollente di forno e sorseggiando un caffè antelucano del primo bar che alzava le saracinesche di fronte all'Orto Botanico'. Così mi ritrovai nella sua Punto bianca  con comandi speciali per andicappati, sull'A19, quel magnifico simildeserto tra il Tirreno e il Canale di Sicilia che adoro, stropicciandomi mentalmente le mani, perchè tutto mi tornava comodo, perfino l'appuntamento col marchese G., cultore di storia locale, il cui palazzo si trovava di fronte a quello senatorio: gli avevo chiesto una presentazione al Sindaco. L'amico mi raccontava di aver preparato un indirizzo di saluto ai Convegnisti che avrebbe letto; non è che mi capacitassi molto sapendo che non aveva nulla da vedere con i commercialisti, ma la cosa non mi riguardava, ero soddisfatto di aver risolto al meglio il mio problema siracusano, mentre il marchese mi dava conferma di potermi ricevere alle 16, l'amico cercava di curiosare con chi parlassi ed io lo eludevo brillantemente. Appena fummo sulla piazza col singolare duomo mezzo greco e mezzo cristiano, il mio amico iniziò una discussione col vigile a proposito del parcheggio che era vietato, poichè lo scambio diveniva concitato lui indicò l'emblema sul parabrezza e tirò anche fuori il tesserino e l'auto restò lì. Giungemmo all'ascensore del palazzo comunale che era fuori servizio, si trattava di fare un piano assai comodo: neanche per idea, andò in portineria e chiese gli fosse aperto l'ascensore riservato al sindaco e poichè non si poteva si mise a braccia conserte e disse che lo portassero al piano su una sedia a braccia (non mancò di esibire il tesserino): l'ascensore venne aperto ed entrammo nella sala consiliare dove i lavori della mattinata erano alle ultime battute; si recò immediatamente al tavolo della presidenza con i fogli della sua orazione e parlottò col Presidente cui lasciò il documento, notai che quello sfogliava 4 o 5 pagine perplesso. Mi disse che avrebbe fatto il suo intervento tra poco. La seduta fu tolta e lui tornò dal Presidente confabulando più a lungo del necessario, mi disse che il suo saluto sarebbe stato letto a inizio lavori del pomeriggio, capii che se lo volevano levare di torno senza offenderlo, infatti disse che il Presidente lo aveva molto ringraziato per il suo cortese indirizzo cui aveva dato una sbirciatina. Era prevista una colazione in prossimità della piazza, quando arrivammo  gran parte dei convegnisti era andata via, non fu memorabile e pagammo. Alle 16 gli dissi  che mi sarei assentato per un'oretta  mentre lui sarebbe andato al convegno per leggere il suo 'saluto', lo avrei raggiunto. Il palazzo era imponente, alcuni dei locali a pianoterra erano locati ad un partito di estrema destra e lo trovai del tutto naturale. La famiglia discendeva da un cavaliere gerosolimitano, da un gran Cancelliere dell'Ordine  e vescovo di Malta, da un marchese ministro della guerra, maresciallo di campo,gentiluomo di camera, cavaliere di S.Gennaro e di altri ordini equestri, illustre letterato e poeta, insigne traduttore di Grazio Fiacco, delle satire di Persio e Giovenale, nonchè dei Doveri di Marco Tullio. Un Alfio ottenne il titolo di 'don' nel 1622, un Tommaso proconservatore di Siracusa, 1655, un Francesco Mario giurato di Siracusa, 1663, Giuseppe Capitano Giustiziere ,1703 e senatore 1709, Francesco Mario giurato nobile,1744 e senatore nel '30, Filippo nel 1797 ottenne l'ambito titolo di marchese ; latinista e poeta distinto, raggiunse perfino il privilegio di cittadino palermitano nel 1832: che altro ! Passavo in rassegna tanta gloria mentre marcavo i gradini dello scalone d'onore. Venne ad aprirmi un maggiordomo dal sopracciglio inarcato :' Il marchese l'attende nello studio' e mi guidò per una fuga  di anticamere, camere, sale, salotti, saloni e boudoir in marmo, colonne e affreschi di scene mitologiche, battaglie, cacce, festoni e santi in gloria. Tutti questi ambienti, nessuno escluso, erano rigorosamente vuoti : non un mobile e neanche una sedia, non un tappeto; i nostri passi echeggiarono indiscretamente  fino ad una parete : ero sbalordito, l'uomo con ampio gesto teatrale la indicò spingendo quella che mi accorsi essere una porticina di servizio dissimulata nella decorazione ; si aprì un vano ed entrai da solo nello sgabuzzino che sarà stato profondo non più di un metro e mezzo, ma si estendeva per circa quattro; nella parete opposta  era stato sistemato un lungo ripiano che fungeva da scrivania, supporto del computer ed era disseminato di libri e carte. Ci salutammo amabilmente e mi indicò uno sgabello; stava redigendo la storia di una nota famiglia di guitti  locali ormai estinta da tempo conosciuti per la loro villa che avevano edificato nella Latomia Paradiso che era stata adibita ad albergo nel' 800, di cui si era parlato in occasione di un soggiorno di Churchill negli anni 1950 senza parlare dei danni che vi avevano apportato due ragazzini miei ospiti a metà degli anni 1970, quando si trovava in uno stato di totale decadenza, tale che la nostra tovaglia lussuosamente ricamata era piena di buchi e quelli si divertirono ad allargarli il più possibile e dato che il personale scarseggiava ed il gioco era delizioso passarono agli altri tavoli sbrindellandoli completamente.  Convenuto l'incontro col Sindaco mi accommiatai facendo i migliori auguri per la fatica in corso. Tornato al convegno chiesi al mio amico del suo 'saluto' : 'no, sarà letto dal presidente alla chiusura'. Il convegno si chiuse e il volto del mio amico si oscurò completamente; andammo a sederci al bar ed ebbe inizio una contestazione col cameriere, ma mi raccontò di aver litigato con un altro vigile per l'auto; era tanto accigliato che cominciò a proferire insulti a vari indirizzi utilizzando parti genitali e virtù discutibili in ipotesi del genere femminile. Lo aveva già fatto altre volte, e gli dissi di smettere perchè non ero uso a quel linguaggio. Mi rispose che il Presidente era un farabutto, lo aveva preso in giro e non possedeva un minimo di creanza; gli uscirono di bocca valanghe di vituperi e ingiurie; gli dissi che ne avevo abbastanza, che la smettesse e fu stupito dal mio tono gelido: ' Ma io credevo che tra noi maschietti ...', precisai in tono tagliente di non appartenere a quel genere di maschietti, gli feci il viso delle armi e si ammutolì. Come era sua abitudine cambiò discorso, si fece allegro e mi comunicò che il programma comprendeva una cena in un luogo molto panoramico dopo teatro. Così ci avviammo e lui alla barriera pretendeva di passare con l'auto fino alla cavea, a questo scopo indicò il parabrezza; non se ne parlava; poichè la cosa non si risolveva mi consegnò un biglietto e mi disse di andare a sedermi, sarebbe arrivato dopo aver telefonato al suo ente. Arrivò un quarto d'ora dopo in barella, non mi stupii, ma i Convegnisti, nel cui settore ci trovavamo, e che lo avevano riconosciuto dalle affabulzioni col Presidente cominciarono a parlottare. Le esibizioni del mio amico erano più ingombranti dell'intera opera di Sofocle, sicchè col pensiero continuamente teso alle sue imprevedibilità, escandescenze e stranezze non riuscii a seguire la rappresentazione che mi passò davanti come la corrente di un ruscello senza lasciare traccia. Alle 21 circa eravamo al molo dove un motoscafo attendeva per trasportarci al ristorante  situato sul promontorio dalla parte opposta del porto grande, effettivamente una posizione magnifica dalle sue luci, in una serata piacevolissima di giugno, disseminata di luminarie. A bordo i Convegnisti in abiti eleganti (le signore erano passate dal parrucchiere) si misero a cantare in coro il repertorio delle canzoni degli ultimi 30 anni; noi non legavamo con nessuno, non conoscevamo nessuno, stavamo in disparte; non avevo avuto la più lontana idea che egli mi avrebbe portato tra gente che mi avrebbe percepito come sgradevole; una simile eventualità era estranea al mio carattere alle mie attitudini sociali, mentre a lui non importava nulla eccettuata la concentrazione su se stesso. Atterrammo sulla sabbia e non fu difficile individuare tra canne e tamarischi la scaletta in cima alla quale fui accolto da una deliziosa creatura smagliante coperta di soli veli e di un sorriso ammaliante: le feci i complimenti del caso, assai graditi. Andammo a sederci ad un tavolo per  10 o 12 persone ma poco dopo qualcuno ci chiese di lasciarlo essendo già preso da un gruppo di convegnisti; finì che ebbimo un tavolo da soli, ma dopo qualche minuto  il mio accompagnatore decise di spostarsi, scegliendone un'altro che si trovava a ridosso delle cucine e sull'orlo della scarpata buia, vidi che roteava gli occhi come una belva in cerca di una preda  mentre ero preoccupato dal continuo acciottolio  delle stoviglie, da porte a molla che sbattevano, andirivieni di camerieri, ordini e bestemmie, sguatteri che gettavano rifiuti nei contenitori accanto a noi ; ero troppo angustiato per fare la più piccola osservazione che mi avrebbe condotto chissà dove e mi giungevano alle narici gli effluvi maleodoranti della cucine, della rigovernatura. Poi improvvisamente una bambina di 4 o 5 anni arrivò dal tavolo vicino, tornò dai suoi giovani genitori, ritornò mostrandomi un giocattolo, facendomi un discorso che non riuscii a capire, perchè in realtà non parlava con me, mi voleva solo a testimone della sua  ragionevole esistenza; alla fine decise che il nostro tavolo era più interessante del suo e si accomodò decisa e dopo un pò arrivò la mamma scusandosi per l'invasione e poichè era carina la invitai a sedersi. Intanto il mio amico si era allontanato e si aggirava inquieto tra i tavoli, lei incurante mi disse di essere argentina, era passata per turismo ed era rimasta per sposare un gioielliere del luogo di cui vendeva le creazioni in una boutique del centro, abbassava la voce come dicesse cose che era meglio il marito non udisse, ma mi accorsi che era sparito; non riuscivo a concentrarmi su di lei che continuava a parlare dandomi appuntamento per l'indomani al negozio, sentii delle voci e mi resi conto che il mio amico stava parlando a voce alta al tavolo del Presidente, infine urlò : 'Ti rompo il culo' sul collo delle signore ingioiellate, ben vestite e profumate che sussurravano; nessuno si diede per inteso, lo ignorarono anche se, plausibilmente, erano un pò intimoriti, mentre guardavo la scena l'argentina mi salutò frettolosamente e si eclissò con la sua bimba, non era arrivata a darmi l'indirizzo, non la vidi più. Il mio conoscente (lo avevo degradato sul campo), doveva sentirsi appagato perchè tornò assentendo col capo a se stesso, era torvo e mi informò che aveva deciso di andarsene, avrebbe telefonato ad un motoscafo. Gli dissi che facesse come preferiva, io sarei tornato come ero venuto, rinunciò; mi dava fastidio di essergli assimilato, ero furibondo di non potermene liberare. Ricorsi, dunque, ad un mio vecchio trucco in simili contingenze: uscire fuori dalla situazione reale e pensare ad altro; stavo in una magnifica baia, in una notte di stelle di prima estate ed avevo rivisto quell'incantevole ragazza svolazzante nei suoi veli rivolgermi uno sguardo condiscendente, ma il punto non era quello, dunque, mi rivolsi a Tucidide, alla relazione da lui fatta ne ' La guerra del Peloponneso' della battaglia navale tra la flotta ateniese e quella siracusana nello specchio d'acqua antistante, nell'estate del 414 a.C. : i Siracusani avevano 80 triremi, si sentivano militarmente inferiori, ma possedevano rematori e timonieri di prim'ordine. Non so quale loro stratego si sia inventata l'idea di munire le prue di una trave appuntita, tutto era affidato alla perfetta conoscenza di ogni angolo del porto, all'abilità del timoniere e alla prontezza e potenza dei rematori. Gli Ateniesi furono colti di sorpresa quando un numero rilevanti delle loro navi colò a picco con la fiancata sfondata dal rostro invisibile che era stato collocato a pelo d'acqua: fu una catastrofe imprevista per Atene e la responsabilità era di Alcibiade, l'allievo di Socrate che aveva propugnato l'impresa e non si era arrestato neanche ai cattivi auspici della profanazione delle Erme avvenuta poco prima della partenza della spedizione. Da quel momento le sorti di Atene periclitarono e Sparta diede la spallata finale spodestando la potenza egemone del mar Egeo. Giunsi alla scaletta dove la ragazza mi aspettava, le dissi qualcosa di carino e le promisi che sarei tornato per uscire con lei, annuì seria ed io discesi. Non ebbi più voglia di parlare al mio compagno che avevo ormai degradato (in tali decisioni sono irremovibile), era tardissimo e dovevamo raggiungere il nostro riparo notturno, fuori città in un entroterra ignoto, sulla base di informazioni telefoniche; dopo aver traversato villaggi e fatto altre telefonate ci inerpicammo per le colline, stradine disagevoli, sfossate e sassose, zone boschive di pietraie e conigli che ci balzavano incontro con baleni di occhi arancione; il mio compagno aveva recuperato il buon umore e tentò di accopparne un paio sprezzando il pericolo della strada che da un lato strapiombava nella falesia . Erano le tre del mattino e alle quattro e mezzo avvistammo le luci e guadagnammo il parcheggio; tutto vi era lindo, ordinato e ben illuminato; una giovane donna uscì dall'edificio centrale venendoci incontro, ero stupito da tanta accoglienza a quell'ora, ma si trattava di una cliente scesa a cercare qualcosa nell'auto, all' orizzonte si indovinava il primo baluginare e il mio compagno l'abbordò immediatamente; la giovane era la compagna di un regista cinematografico, indicò la finestra accesa al secondo piano , il mio ex-amico mi ingiunse : 'tu vai a dormire', intendendo che avrebbe avuto un seguito con la donna che non sembrava aver sonno nè fretta di tornare a fianco del dormiente del secondo piano. Fui ben lieto di augurare buonanotte  o giorno che fosse, mentre sbadigliando annaspavo verso un sospirato giaciglio di qualsiasi genere e tuttavia non potei impedirmi il ricordo di una frase della moglie del mio accompagnatore proferita in occasione di una delle sue improvvide uscite di seduttore di basso rango :'...da molto tempo non è più in grado di fare niente'. In tarda mattinata familiarizzai con la studentessa che teneva il bar, parlando di letteratura francese, era carina e le promisi in totale malafede che sarei tornato a trovarla, intanto pensavo che a Siracusa spira un'evidente brezza afrodisiaca. Il rientro avvenne in silenzio assoluto, perchè lasciai regolarmente cadere qualsiasi osservazione del pilota, nè mi offrii di sostituirlo: si rese conto di avermela combinata grossa, infatti qualche tempo dopo mi chiamò in italiano declinando le sue generalità, per scusarsi. In seguito ricevetti una o due telefonate in francese demotico e anonimo, ma aveva perso ogni potere, non ne seppi più nulla eccetto da amici che mi dissero che i biglietti di quell'invito appartenevano a sua figlia, commercialista e con amici nel gruppo dei Convegnisti..

domenica 6 maggio 2012

HIGHGATE

L'opinione comune sui britannici eccentrici non tiene conto di un italiano persuaso che il monumento più bello di London sia la vecchia centrale elettrica a quadruplice camino di Battersea. E' precisamente da lì( poichè ci abitavo nelle casette dei ferrovieri) che dovetti sorbirmi una traversata d'un ora sul sellino posteriore della vespa di Sarah. Un venticello gelido mi raspava le gote,una pioggerellina primaverile sottile e imperturbabile,una luce grigiastra che equivaleva al mio febbraio sud-mediterraneo. Il cimitero è diviso in due parti : ad Ovest (come sempre ) i ricchi ed a Est (nell'identico modo terreno) gli altri. Sulla strda di accesso i due guardiani stavano giocando al pallone poichè non passa nesssuno ; parcheggiammo a debita distanza per non disturbare la partita . e questo fu l'unico segno di democraticità e solidarietà offertomi dal luogo.  Nel fradiciume di foglie in cui i miei piedi e malleoli affondarono,si intricarono e furono avviluppati,visto che avevamo scelto il lato meno favorito,mi affiorò la poesia del comico Totò dal titolo 'La livella' : quale illusione,pover'uomo,gli fece pensare che la morte potesse essere democratica,forse non era stato ad Highgate ? Con tutto il suo peso terreno di lapidi,erme,cappelle che sanzionano duramente le differenze,con la statuaria tra preraffaelita e art-nouveau ? Sulle isole britanniche ogni cosa sottolinea il principio che l'idea stessa di democrazia sia inconcludente. Attraverso vialetti fradici e abbandonati,privi di indicazioni,giunsi alla tomba di Karl Marx per intuizione : un'erma massiccia e pesante,più alta di due metri su cui poggiava la tesata quasi priva di tronco ;la posizione del monumento è del tutto incongrua,sembra poggiata temporaneamente dopo un trasloco sul bordo del vialetto sfossato dai rigagnoli,come se da un momento all'altro debba sopraggiungere la gru che andrà a collocarla  nella sua posizione definitiva e degna.Il suo viso era atteggiato ad un cruccio doloroso; sulla base notai inciso qualcosa  a proposito della nobildonna tedesca che lo aveva sposato. Era evidente e palese che nessuno si curava di questa 'cosa', stava lì e basta (pensai alla tomba di Dalida a Montemartre letteralmente sommersa di mazzi di fiori freschi ogni mattina). Ebbi un moto di rabbia misto a pietà e  deve essermi affiorata una lacrima all'angolo delle palpebre perchè la sentii e la repressi virilmente : si trattava del massimo pensatore politico del mondo moderno. Mi confortò il pensiero di essermi preventivamente vendicato anni prima al père Lachaise dove mi ero espressamente recato alla cappella di Adolphe Thiers ,un padiglione,una villa di vacanza, per sputare nelle prossimità senza farmi cogliere, ricordando ciò che Marx aveva scritto dell' 'infame nano' (sono sempre quelli) nel suo libro sulla Commune de Paris cui aveva partecipato. Thiers aveva posseduto il più delizioso hotel particulier,nella più deliziosa piazzetta parigina che si possa immaginare (esclusa la Furstenberg) ; per un certo periodo ci passavo ogni giorno per prendere il metro. Basta, non volli pensarci più. Sapevo che tra i disgraziati giaceva da qualche parte li dentro,la mia amata George Eliot ed andai in cerca dell'altra semiirreperibile e abbandonata su un sentieruccio da capre ; ci voleve un grande amore dei morti come il mio (w Foscolo),sia per cercarla che per trovarla.